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Cosa è successo alla tua pensione

Quando iniziai a fare il consulente finanziario a Catania, una delle problematiche meno sentite dai clienti che incontravo era certamente quella previdenziale. Sembrava quasi un “favore” da parte dalle varie categorie di professionisti incontrate, ricevere informazioni, sullo stato di salute del proprio fondo di categoria e conoscere il dato sulla propria scopertura previdenziale. Con questa definizione, si intende la differenza fra l’ultima remunerazione percepita da lavoratore e la prima da pensionato (ad esempio, 1.500 euro da lavoratore che diventano 1.500 euro da pensionato, danno vita ad una scopertura previdenziale dello 0%). Nella maggior parte dei casi già allora, 20 anni fa, era facile scoprire come le vecchie coperture previdenziali al 100% o in alcuni casi addirittura al 110%, a cui noi italiani eravamo stati abituati, stavano sempre più riducendosi, oggi in molti casi il calcolo della pensione attesa è il 30-40% dell’ultimo reddito da lavoratore.

Com’è potuto accadere tutto ciò? Si può fare qualcosa? Domande non troppo complesse ma che meritano risposte precise ed articolate. Tutto questo è accaduto per vari motivi, ma per analizzarli è fondamentale inquadrare il contesto in cui sono nate le norme che regolano la previdenza in Italia e per far ciò, più che guardare alle varie casse di categoria (Medici, Commercialisti, Notai, etc.) per forza di cose più piccole e nate dopo, bisogna guardare l’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale).

L’INPS nasce ufficialmente nel 1943 ma già nel 1895 era nata la prima forma di sistema previdenziale italiano . La nascita quindi delle tutele previdenziali degli italiani (ma anche di molti stati europei) è da collocare nei primi anni del ‘900. Da ciò ricaviamo queste preziose informazioni: il sistema previdenziale italiano è nato in un contesto di:

  • alta natalità (almeno 3 figli per donna in media)
  • alta mortalità (età media 60 anni)
  • alta inflazione (oltre il 5% ma durante le guerre anche al 50% o 100% con punte al 700%)

ed in quel contesto si sono create le regole pensionistiche che ancora oggi sono alla base del sistema previdenziale della società moderna.

Al tempo i governanti avevano il problema di mantenere il potere d’acquisto delle famiglie, perché a causa della forte inflazione, non bastavano i contributi individuali accantonati dai lavoratori a garantire una decorosa pensione, bisognava in qualche modo intervenire. A supporto della decisione poi presa per la gestione della previdenza, vi era l’alta natalità ed il relativamente breve periodo di vita in cui si usufruiva della pensione, da lì l’idea del legislatore di basare la pensione sul principio della solidarietà intergenerazionale.

In base a questo principio la pensione veniva pagata non più esclusivamente con i propri contributi accantonati ma anche e soprattutto veniva pagata dalle generazioni successive (i figli), cioè i lavoratori attivi pagavano le pensioni dei pensionati. Tutto ciò risolveva il grosso problema del mantenimento del tenore di vita dei pensionati in un contesto inflattivo. Il sistema ai tempi funzionava bene per via dei tanti lavoratori con stipendi sempre più alti e dei pochi pensionati, l’Italia del tempo aveva la classica piramide demografica che garantiva la solidità del modello implementato. Tutto bene dunque, il lato negativo della vicenda è che una volta innescato un meccanismo del genere è davvero molto complesso se non impossibile smontarlo, anche quando il contesto sociale cambia radicalmente.

Oggi, dai 3 figli per donna siamo passati ad 1 figlio o meno, dalla mortalità media al 60° anno siamo passati per fortuna ad 85 anni di vita media e dall’alta inflazione del tempo ci ritroviamo oggi con bassa inflazione (0-2%). Conclusione: Stesse regole ma un contesto sociale profondamente diverso, direi sostanzialmente reciproco!

Dopo questa doverosa e fondamentale premessa per comprendere appieno il problema previdenziale, risulterà subito chiaro quanto siano inadeguati oggi quei principi che hanno ispirato la nascita del nostro sistema previdenziale, il serbatoio dell’INPS si riempie sempre meno (meno lavoratori, viste le poche nascite e bassa crescita dei salari vista l’inflazione ai minimi storici) e si svuota sempre più (perché si vive per fortuna più a lungo del 1940). La piramide demografica ha assunto una forma profondamente diversa di quella del 1940 potremmo dire inversa…Inevitabilmente così crolla la pensione attesa, al fine di evitare il fallimento dell’INPS e di garantire un minimo di pensione a tutti.

Tutto questo ha portato e porterà sempre più a pensioni pubbliche limitate all’essenziale (30-40% dell’ultima retribuzione da lavoratore, nella migliore delle ipotesi). Sono intervenute varie riforme, chiaramente impopolari, con l’obiettivo di stabilizzare le casse dell’antico istituto previdenziale nostrano, col risultato di aver quantomeno rallentato lo svuotamento delle casse e diffuso ormai in tutti la convinzione della necessità di un accantonamento previdenziale integrativo.

Utopistico vivere oggi così in pensione? Certamente no, con i giusti accorgimenti ed una corretta pianificazione finanziaria.

Analizzato in questo articolo cosa è successo, risponderò nel successivo alla seconda e più importante domanda: Si può fare qualcosa per risolvere la drammatica situazione della previdenza pubblica italiana? Farò anche riflettere sul fatto che il ritiro dalla attività lavorativa (retirement plan) non necessariamente deve essere legato alla pensione pubblica ma può essere sapientemente programmato in un tempo antecedente.

Sono un consulente finanziario con sede a Catania per approfondimenti o analisi previdenziali personalizzate, non esitare a contattarmi in privato.

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